Nel 1974, solo il 5% dei minori nel mondo era vaccinato contro tetano, difterite e pertosse; oggi i valori sono superiori all’85% a livello globale, con punte ancora più alte all’interno dell’Eurozona (…) Nel 1979 il vaiolo poteva dirsi già eradicato, mentre altre malattie infettive mortali registravano un calo drastico nel numero dei casi. (…) Con l’avanzare delle tecnologie farmacologiche e i piani di immunizzazione, il futuro ci fa sperare nella scomparsa di altre malattie prima non arginabili: è quello che sta succedendo, all’interno dell’Eurozona, con l’epatite B e i tumori della cervice uterina. Con questo discorso di apertura congiunto i presidenti di OMS Europa, UNICEF Europa e il Commissario Europeo per salute e sicurezza alimentare Stella Kyriakides hanno salutato il 50° anniversario dalla nascita di EPI, l’Expanded Programme on Immunization. L’iniziativa, nata mezzo secolo fa da un’intesa tra OMS e Nazioni Unite e importanti industrie del settore farmaceutico per assicurare un netto incremento alla copertura vaccinale globale, costituisce una pietra miliare lungo la strada verso il raggiungimento di uno standard minimo di salute orale per tutto il globo.
Eppure, nonostante i festeggiamenti per questo importante traguardo, non tutte le notizie in questo campo sono rosee, neppure all’interno dell’area comunitaria. In un recente report, presentato all’inizio dell’European Immunization Week (22-29 Aprile, in anticipo di una settimana rispetto alla World Immunization Week), la Direttrice dell’European Center for Disease Prevention and Control (ECDC) Andrea Ammon sottolinea come si riscontri una contrazione nelle pratiche vaccinali all’interno dell’Eurozona, e il conseguente aumento nei casi di malattie prevenibili. Il trend, già segnalato da ECDC e altri regolatori internazionali della salute da qualche anno, ha per la prima volta portato indietro l’indicatore vaccinale europeo, che sta lentamente regredendo verso cifre comunque alte (superiori al 90%) ma inferiori rispetto a quelle della seconda decade degli anni 2000. Nella conferenza stampa rilasciata in occasione di questa giornata, la Dr.ssa Ammon ricorda come i piani vaccinali costituiscano uno dei paradigmi più importanti per assicurare valori di immunizzazione sufficientemente elevati da assicurare una immunità di gregge.
Anche il mondo dell’odontoiatria, soprattutto durante gli ultimi anni, si è distinto come un interlocutore di prim’ordine all’interno di questo dibattito: ne costituisce una prova lo statement FDI (Federazione Internazionale dei Dentisti, 1 milione di membri) presentato all’Assemblea OMS del 2021, oltre ai pareri CED (Consiglio Europeo dei Dentisti, 340.000 iscritti) sull’antibiotico resistenza e il ruolo della vaccinazione. I documenti ripercorrono temi sempre più rilevanti per la professione: il ruolo del team odontoiatrico nella prevenzione delle infezioni tramite un approccio terapeutico basato sulla prevenzione e gli stili di vita; l’importanza di formare i professionisti sul corretto uso degli antibiotici per arginare il fenomeno della resistenza; la capacità dell’odontoiatra di porsi, in virtù di un rapporto medico-paziente molto stretto, come promotore e informatore di strategie di salute per tutta la popolazione. Viene quindi ribadita la capacità degli odontoiatri di intercettare sul territorio patologie sistemiche a partire dalle manifestazioni rintracciabili a livello oro-buccale, confermando la professione come elemento proattivo nella tutela della salute del paziente a tutto tondo.
L’immunizzazione si crea tramite una rete di prassi e attenzioni di cui i vaccini sono il fattore più importante, ma certo non l’unico: serve una sinergia positiva di diversi fattori per raggiungere questo obiettivo, ultimo ma non ultimo il fattore umano, commenta la Dott.ssa Alessandra Rossi, delegata per ANDI Nazionale presso il tavolo tecnico CED Oral Health, focalizzato su l’interazione tra odontoiatri e altri professionisti della salute. Nell’ultimo decennio, la funzione dell’odontoiatra è cambiata: il nostro obiettivo è ora quello di partecipare ad un’idea di salute comune e generale per il cittadino e la società che parte dalla bocca, senza limitarsi per questo ad essa. Un indicatore importante in questo senso è dato dalla richiesta sempre più forte di formazione post lauream e continua da parte dei giovani colleghi: in tutta Europa, i neolaureati richiedono maggiore formazione in termini di patologia orale, medicina generale e gestione interprofessionale del paziente, soprattutto in relazione a patologie complesse. L’odontoiatra è per sua stessa natura immerso in una rete di relazioni professionali (medico-medico e medico-paziente) a maglie molto strette: la scommessa, oggi, è quella di saper incanalare correttamente questa dimensione, al fine di provvedere ad una salute orale in grado di interfacciarsi e dare risposte anche ai grandi temi della gestione della salute a livello globale.
Dr. Ferruccio Berto
Responsabile Esteri ANDI