Correttivo Concordato Preventivo Biennale, stretta su studi associati e STP

Il Decreto correttivo approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 4 giugno interviene sulla disciplina del Concordato Preventivo Biennale (CPB), attraverso una serie di modifiche molto pervasive, in vigore a partire dal biennio concordatario 2025-2026.

Tra queste ve ne è una focalizzata esclusivamente sui liberi professionisti che esercitano l’attività organizzati in associazioni professionali o società tra professionisti (STP).

In particolare, l’articolo 9 del Decreto introduce nuove cause di esclusione e di decadenza dal concordato in capo ai professionisti che partecipano ad associazioni professionali o a STP e allo stesso tempo dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo. Nello specifico, per tali soggetti l’accesso al concordato viene condizionato alla contestuale – intesa come riferita al medesimo biennio – adesione dell’associazione professionale o della STP a cui gli stessi partecipano. Simmetricamente viene disposto che le associazioni professionali e le STP potranno accedere al CPB soltanto nel caso in cui tutti gli associati e i soci del sodalizio che dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo abbiano aderito all’istituto concordatario con riferimento ai medesimi periodi d’imposta.

Conseguentemente l’adesione al CPB potrà essere fatta, per i medesimi periodi d’imposta, o da tutti i professionisti associati o soci che dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo o da nessuno di essi.

Viene poi introdotto un analogo meccanismo in relazione alle cause di decadenza dal CPB: tant’è che la cessazione del concordato di uno dei soci del sodalizio associativo o societario che dichiara individualmente redditi di lavoro autonomo determina in primis la cessazione del CPB per l’associazione o la STP di appartenenza e, “a cascata”, la decadenza per tutti gli altri associati o soci che si trovano nella medesima condizione.

Un “effetto trascinamento” che appare dettato da generiche ragioni “antielusive” ma che finisce per penalizzare indistintamente i professionisti che si aggregano, escludendoli di fatto dalla possibilità di beneficiare del principale strumento di compliance varato in questi ultimi anni. Se, infatti, non tutti i professionisti che partecipano ad associazioni professionali producono individualmente redditi di lavoro autonomo, il fenomeno è pressoché totalitario per coloro che scelgono il modello STP in forma di società di capitali (dove è ampiamente diffuso l’utilizzo di srl) o cooperativa. In tali casi, infatti, è naturale – come “certificato” dalla stessa Agenzia delle entrate fin dal 2018 – che i rapporti vengano regolati attraverso il meccanismo della doppia fatturazione della medesima prestazione professionale (prima la STP verso il cliente/paziente, poi il professionista verso la STP). L’alternativa di gestire la remunerazione del professionista attraverso l’assegnazione di dividendi, infatti, non sarebbe concretamente praticabile per effetto delle limitazioni stabilite dagli articoli 2433, 2433-bis e 2478-bis del Codice civile.

In tale contesto, il vincolo reciproco di adesione e permanenza nel CPB fissato dalla norma lega il “destino” concordatario di ogni singolo professionista non soltanto a quello della società ma anche a quello di tutti gli altri professionisti del sodalizio, rendendo di fatto non praticabile l’opzione per il CPB. Questo sia in fase di adesione, quando occorrerebbe il consenso di tutti i membri della STP anche se in condizioni diverse con riferimento alla convenienza di accettare la proposta concordataria, sia, soprattutto, successivamente, quando il rischio che la decadenza di un solo socio possa travolgere tutti gli altri (e la Società) rappresenta un elemento di aleatorietà difficilmente accettabile.

Andrea Dili
Dottore commercialista