Si segnalano la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 2/E del 6 febbraio 2024, avente a oggetto l’attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi, e due risposte a interpelli da parte dell’Agenzia delle Entrate:
- la prima riferita alla detrazione di spese sanitarie pagate direttamente da un fondo di assistenza sanitaria integrativa;
- la seconda all’applicazione del regime forfettario da parte di un soggetto che trasferisce la propria residenza in Italia.
La circolare Agenzia delle Entrate n. 2/E, pubblicata in data 6 febbraio 2024 (Vedi QUI), prende in esame le modifiche introdotte alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) dal decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216, in attuazione della legge delega sulla riforma fiscale.
Il primo paragrafo della Circolare si sofferma sulle novità in materia di IRPEF, ricordando come le nuove regole rimarranno in vigore soltanto con riferimento al periodo d’imposta 2024, in attesa della completa e definitiva attuazione dei principi fissati dalla legge delega (transizione verso un sistema ad aliquota unica).
Con specifico riferimento ai soggetti percettori di reddito di lavoro autonomo – tra i quali i liberi professionisti – assumono particolare rilevanza due disposizioni, ovvero:
- la riduzione (da quattro a tre) del numero degli scaglioni IRPEF, attraverso l’accorpamento del primo e del secondo scaglione;
- la revisione della disciplina delle detrazioni.
In relazione alla prima fattispecie, la Circolare ricorda che la riduzione del numero degli scaglioni, con la contestuale soppressione dell’aliquota del 25% prevista fino al 2023 per i redditi tra 15.001 e 28mila euro, determina un risparmio d’imposta per i contribuenti con redditi superiori a 15mila euro, con un beneficio massimo di 260 euro annui. La tabella seguente mostra l’evoluzione di scaglioni e aliquote dell’imposta: alla riduzione operata dal Governo Draghi nel 2022 fa seguito quella del Governo Meloni nel 2024.
La Circolare poi si sofferma sull’incremento della no tax area a favore dei lavoratori dipendenti e sulla conseguente modifica del requisito per il riconoscimento del trattamento integrativo per gli stessi lavoratori.
In relazione alla revisione delle detrazioni, la Circolare conferma il taglio di 260 euro per i contribuenti con redditi superiori a 50mila euro, precisando che tale limitazione riguarda:
le detrazioni fissate nella misura del 19% dal testo unico sulle imposte sui redditi (TUIR) o da qualsiasi altra disposizione fiscale, con esclusione delle spese sanitarie;
le erogazioni liberali in favore dei partiti politici;
i premi assicurativi per il rischio di eventi calamitosi.
In merito viene precisato che per i contribuenti con redditi superiori a 120mila euro il taglio di 260 euro opera successivamente alla riduzione prevista dall’art. 15, comma 3-bis del TUIR, che dispone che le detrazioni non spettino al superamento di 240mila euro di reddito e vengano proporzionalmente ridotte per i contribuenti con redditi compresi tra 120.001 e 240mila euro.
Risposta a interpello n. 43 del 15 febbraio 2024 – Detrazione delle spese sanitarie pagate direttamente da un fondo di assistenza sanitaria integrativa ad una struttura sanitaria, in nome e per conto dell’iscritto – Articolo 15, comma 1, lettera c) del TUIR (Vedi QUI)
La predetta risposta a interpello afferisce alla possibilità di detrarre le spese sanitarie corrisposte a una struttura sanitaria direttamente da un fondo di assistenza integrativa in nome e per conto del paziente iscritto.
Il caso in esame riguarda spese sanitarie pagate dal fondo di assistenza a saldo di una fattura emessa a fronte di prestazioni sanitarie rese nell’anno precedente nei confronti di una persona successivamente deceduta. Gli eredi inoltrano istanza di interpello chiedendo di sapere se le suddette spese possono essere detratte (in calce alla dichiarazione presentata dagli eredi per conto del de cuius) nell’anno in cui è stata emessa la fattura.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate prende le mosse dal disposto dell’articolo 15, comma 1 del TUIR, che prevede:
che le spese sanitarie beneficiano di una detrazione pari al 19%;
che si considerano rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate sia per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione di imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo, sia per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito, salvo che il datore di lavoro ne abbia riconosciuto la detrazione in sede di ritenuta.
In merito, prosegue l’Agenzia, va considerato quanto precisato dalla recente Circolare n. 14/E del 19 giugno 2023, ovvero che ai fini della detrazione è necessario che le spese siano state effettivamente sostenute e che, in particolare si considerano tali anche quelle rimborsate, a condizione che i contributi e premi versati non abbiano determinato alcun beneficio fiscale in termini di detrazione d’imposta o di esclusione dal reddito. Secondo l’Agenzia rispondono a tale requisito anche le spese sanitarie rimborsate o sostenute direttamente da parte di assicurazioni, a fronte di premi corrisposti dal contribuente per i quali non spetta alcun beneficio fiscale (o pagati dal datore di lavoro con o senza trattenuta a carico del dipendente beneficiario).
Peraltro, precisa l’Agenzia, la detrazione di tali spese spetta anche qualora il pagamento sia stato effettuato direttamente alla struttura sanitaria da un fondo, in nome e per conto dell’iscritto, come previsto dalla Risoluzione n. 167/E del 25 novembre 2005.
Considerando che i contributi versati al fondo non sono deducibili dal reddito, l’Agenzia conclude che nel caso di specie la detrazione spetta, ma applicando il principio temporale di cassa: ovvero nell’anno in cui il fondo ha provveduto a liquidarle alla struttura sanitaria.
Risposta a interpello n. 50 del 22 febbraio 2024 – Regime forfetario – art. 1, co. 54–89, della legge n. 190 del 2014 – cause ostative di cui alle lett. d–bis) e d–ter) del co. 57 – trasferimento residenza in Italia – chiusura rapporto di lavoro dipendente con datore di lavoro estero – inizio rapporto di lavoro autonomo con il medesimo datore – superamento soglia di 30.000 euro nell’anno precedente – non applicabilità (Vedi QUI).
La predetta risposta a interpello afferisce all’applicabilità del regime forfettario nei confronti di un contribuente che fino al 31 dicembre 2023 ha prestato la propria attività di lavoro dipendente in uno stato membro della UE e a far data dal 1° gennaio 2024 ha trasferito la propria residenza in Italia e ha avviato una attività di lavoro autonomo in partita IVA, fatturando le proprie prestazioni sia al vecchio datore di lavoro estero sia a soggetti diversi.
L’istante, precisando che nel 2023 ha conseguito redditi per lavoro dipendente superiori a 30mila euro e che il rapporto di lavoro dipendente è stato in essere dal mese di novembre 2021 al 31 dicembre 2023, chiede se nei suoi confronti trovano applicazione le cause di esclusione dal regime forfettario disciplinate dalle lettere d-bis) e d-ter) del comma 57 dell’articolo 1 della legge n. 190/2014. In merito si ricorda che dette disposizioni prevedono che non possano applicare il forfettario i soggetti:
la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro;
che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (…) eccedenti l’importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate è favorevole all’istante sulla base di due specifiche considerazioni.
In relazione alla prima causa di esclusione dal forfettario, l’Agenzia, facendo riferimento anche alla risposta a istanza di interpello n. 173 del 2019, osserva che la circostanza che il professionista possa instaurare un rapporto di lavoro autonomo con un soggetto estero, con il quale è intercorso, sempre all’estero, un rapporto di lavoro dipendente durante il periodo di sorveglianza, escluderebbe la sussistenza di una sua artificiosa trasformazione nel senso sopra descritto, non essendovi alcun criterio di collegamento con il territorio dello Stato dei redditi di lavoro dipendente percepiti all’estero. Ciò, quindi, escluderebbe l’applicabilità della causa ostativa prevista dalla lettera d-bis).
In relazione alla seconda causa di esclusione, l’Agenzia fa leva sulla lettera della norma, che prevede che la soglia di 30mila euro di redditi di lavoro dipendente sia irrilevante nel caso in cui il rapporto di lavoro sia cessato. Nel caso di specie, essendo il rapporto di lavoro cessato nel 2023 (31 dicembre), il contribuente potrà avvalersi del regime forfettario nel 2024. Tale risposta, peraltro, è in linea con i chiarimenti forniti dalla stessa Agenzia con la Circolare del 5 dicembre 2023 n. 32/E, dove veniva esplicitamente esclusa l’applicazione della suddetta causa ostativa nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente sia cessato nell’anno precedente.
Andrea Dili
Dottore commercialista