Di cosa deve tenere conto il dentista per avviare la professione? Confprofessioni intervista Carlo Ghirlanda

Al dentista vengono richieste competenze di alto profilo. La laurea in odontoiatria e protesi dentaria è solo la base di partenza di un lungo percorso di qualificazione e formazione continua. Ma cosa rende questa professione attrattiva per i giovani?

È una professione importante che concorre a garantire la salute della bocca del paziente, che è lo specchio della qualità della vita. Molti lo fanno perché in famiglia c’è già qualcuno che esercita, qualcuno pensa di avere occasioni di guadagno migliori e poi c’è chi lo fa per passione. Diventare dentista è una vocazione, va fatto con piacere. Il percorso di laurea dura 6 anni e porta a creare dei professionisti che garantiscono il benessere e la salute del cittadino.

Crescono i numeri delle donne che decidono di intraprendere questi studi. La professione odontoiatrica rappresenta una buona opportunità professionale per il mondo femminile?

Sicuramente sì. È un’attività prevalentemente libero professionale che può essere esercitata con meno condizionamenti. È la professionista a decidere tempi e modalità della professione conciliando così vita privata e lavoro, senza vincoli orari.

Gli elevati costi di apertura di un proprio studio fanno sì che i giovani guardino ai grandi centri cercando una collaborazione o ponendosi alle dipendenze. Come sta cambiando la figura del dentista professionista?

I giovani sono spaventati dalla burocrazia e dai costi, ma non per questo sono meno motivati a diventare titolari di studio. Qualche giovane vede nelle catene una possibilità di costruire il suo percorso. In realtà questa scelta difetta di guadagno di reputazione. Il margine di reputazione professionale che può ottenere in questi centri infatti è molto marginale, si diventa dei numeri, soggetti alle logiche del mercato piuttosto che a quelle della professionalità. Il giovane dentista non viene trattato come professionista ed è spesso costretto ad orari prolungati e a bassi guadagni. Inoltre, il brand non permette al singolo di emergere e diventare un dentista di chiara fama. 

Quali “vizi e virtù” eredita il giovane odontoiatra da chi è al termine della carriera?

Non ci sono né vizi né virtù, sia il giovane che entra nel mondo del lavoro che il dentista che esce devono trovarsi e vivere un percorso di aggregazione e di subentro perché questo vuol dire imparare e fare proprio il rapporto con il paziente. La nostra è una disciplina di prossimità, costruire e mantenere un rapporto di fiducia con il paziente è alla base del nostro lavoro. Saper trasmettere la centralità del rapporto medico-paziente e riuscire subito a mettere a fuoco i bisogni specifici di ogni paziente, sapere come e quando proporre metodiche di prevenzione, lo si apprende sul campo, giorno dopo giorno ed è quello che permette di porsi sul mercato in maniera vincente (non dimentichiamoci che ci sono circa 60mila studi odontoiatrici in Italia).

Quali sono le skill personali e professionali che un dentista dovrebbe possedere?

Deve essere capace, preparato e sempre in grado di capire i bisogni specifici del paziente che ha davanti a sé. Qualità in ambito relazionale e un costante desiderio di migliorarsi e acquisire nuove pratiche di pari passo con l’evoluzione della scienza. Terapie tramite tecniche digitali, progettazioni terapeutiche fatte tramite computer, è una professione che va sempre di più nella direzione dell’oggettività con un margine di errore sempre più ridotto, stare al passo è la chiave per emergere e migliorarsi quotidianamente. Per riassumere servono quindi capacità relazionali, formazione continua e acquisizione di nuove pratiche professionali.

Quali strumenti sono utili per differenziarsi e far fronte all’eccesso di offerta, sia italiana che estera?

Esattamente quelli appena citati: essere capace di comunicare con il paziente terapia e prevenzione, acquisire specialità con master e perfezionamento, formarsi frequentando congressi, sia da uditore che da relatore. E poi c’è la capacità di essere imprenditore in un settore dove non c’è una dipendenza statale, ma un rapporto diretto con il paziente. Possiamo aggiungere a questa lista l’accesso al credito e l’essere parte di un’associazione di categoria.

Cosa consiglia ai giovani che vogliono intraprendere la professione odontoiatrica?

Di studiare, studiare bene, capire che avranno di fronte persone che affidano a loro il benessere della loro bocca. E di non camminare da soli, le associazioni servono a condividere, crescere e imparare insieme.

Cosa vuol dire per un giovane far parte di una realtà associativa come l’ANDI?

Significa essere informato, sostenuto singolarmente nei propri bisogni. ANDI offre rappresentanza politica ma anche strumenti per far crescere la professione: credito, formazione continua, relazione intra ed extra categoria, visibilità, semplificazione amministrativa tramite il nostro gestionale, tutela assicurativa. Far parte di ANDI vuol dire avere tutto questo ad un minimo costo e con il massimo del risultato.

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