Presentato alla plenaria del CED, Consiglio Europeo dei Dentisti, un dettagliato report in merito ai dispositivi medici odontoiatrici in relazione all’applicazione della normativa europea rilevante.
Numerosi gli argomenti sottolineati da Edoardo Cavallè, presidente ERO, socio ANDI e responsabile del gruppo di lavoro CED sul tema Dental Material and Medical Devices (DMMD), entro la sua relazione tecnica all’assemblea CED, composta dai delegati di 37 associazioni di categoria provenienti da 34 Paesi dell’area Schengen.
“L’obbligo di rinnovata certificazione per dispositivi odontoiatrici, reso ancora più oneroso dalla lentezza e scarsità degli enti certificatori, non solo rende complesso un approvvigionamento omogeneo di questi, ma sta allontanando rivenditori e produttori dall’eurozona, ponendo le basi per un disequilibrio che già appare difficilmente sanabile. Questa congiuntura, ribadita anche durante l’incontro di altro profilo convocato dalla commissione sanità del parlamento europeo (Dg Sante) nel Giugno di quest’anno, costituisce la base per una rilocazione massiccia della filiera produttiva fuori dai confini dell’eurozona: industria, ma anche ricerca e investimenti che, nell’incertezza della situazione attuale e a causa dell’aumento dei costi legati alla burocrazia e alle materie prime, decidono di spostarsi verso aree emergenti del mondo. Il rischio è quello di creare una situazione in cui l’accessibilità a cure odontoiatriche anche elementari, già sotto stress in alcune aree dell’Eurozona soprattutto per le categorie più a rischio, possa risultare impossibile. Per questo motivo, il CED ha ribadito che il solo meccanismo di posticipare i termini di certificazione non è sufficiente: l’inquadramento presentato in normativa deve considerarsi non vincolante per dispositivi di comprovata efficacia, già in possesso di certificazioni adeguate e il cui impiego non presenta una casistica di reazioni avverse rilevanti; il censimento va quindi inteso necessario solo per nuovi dispositivi sul mercato.
Anche l’estensione dell’obbligo di censimento a dispositivi di largo consumo non fa che aggiungere tempi e costi a questo processo. In merito a questo ANDI, tramite un questionario rivolto ai Paesi Membri CED elaborato grazie alla collaborazione tra la sezione Esteri ANDI e l’esecutivo nazionale, coordinata dal dott. Lauro Ferrari, Segretario sindacale nazionale, ha sollevato perplessità sulla necessità di regolamentare diversamente da quanto ora stabilito alcuni dispositivi quali i pilastri implantari (categoria IIb) o le spugne di fibrina (categoria III). Confrontando i dati presentati nelle risposte provenienti dalle associazioni di categoria europee, emerge chiaramente come il censimento di questi dispositivi costituisca un aggravio burocratico supportato da scarse evidenze cliniche.
Per questo motivo, se ne chiede una rivalutazione che ponga questi e altri prodotti entro categorie di rischio effettivamente appropriate al loro utilizzo, evitando una applicazione della normativa tanto prudenziale da risultare dogmatica. La legislazione europea in merito a dispositivi medici, le sue correzioni di rotta e gli adeguamenti a livello nazionale stanno poi intersecando altre normative spesso in maniera non organica, con il risultato di creare una situazione potenzialmente esplosiva: esemplari, da questo punto di vista, le contraddizioni emergenti con l’European Health Data Space Act (per la necessità di archiviazione digitale dei passaporti implantari e non solo), le disposizioni REACH sui prodotti chimici e le regolamentazioni in merito all’utilizzo di intelligenze artificiali nel mondo della sanità. Scanner intraorali, ortodonzia do it yourself e procedure CAD CAM si confermano i campi più problematici in questo senso, a causa di un mercato in rapida espansione, l’intervento di fondi privati e una frammentazione normativa nata da una moltiplicazione delle fonti in potenziale contraddizione.
In questo frangente, la legislazione farraginosa offre spunto per interpretazioni estremamente problematiche. In particolare, poi, è quanto mai necessario che questo regolamento non possa essere strumentalmente utilizzato da alcune categorie di operatori, in particolare del settore odontotecnico, per rivendicare posizioni diverse dalla loro specifica natura e qualifica.”












