Società commerciali in Odontoatria: i contributi previdenziali sono dovuti

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Una società commerciale che esercita l’odontoiatria nei modi di cui al comma 153 dell’articolo 1 della L. 4 agosto 2017, n. 124 si è rifiutata di pagare ad ENPAM il contributo previdenziale dello 0.5% del fatturato annuo afferente alla gestone “Quota B” e ha sollevato questione di incostituzionalità della normativa che ha introdotto l’obbligo, perché la legge che prevede tale contributo (art. 1, comma 442, L. n. 205 del 2017 )  escluderebbe irragionevolmente i liberi professionisti e gli studi professionali associati operanti nel settore odontoiatrico. Investito della questione il Tribunale di Roma, III Sezione Lavoro, ha osservato che l’ art.1, comma 153, DDL concorrenza del 2017 ha  introdotto per la prima volta il concetto di esercizio diretto dell’attività odontoiatrica da parte di società commerciali, a condizione che le stesse siano dotate di un Direttore Sanitario iscritto all’Albo degli odontoiatri e le prestazioni descritte siano erogate dai soggetti in possesso dei titoli abilitanti. 

Tali società non possono essere equiparate – per natura e struttura – al singolo professionista o alle associazioni di professionisti per l’evidente differenziazione della struttura e dell’organizzazione, con regole e limiti non sovrapponibili nella concreta esplicazione delle facoltà a loro rispettivamente riconosciute dal legislatore.  Osserva il Tribunale come proprio a partire dall’oggetto sociale, è evidente come la società commerciale – che a differenza della STP non è limitata all’esercizio esclusivo di attività odontoiatrica – abbia possibilità di gran lunga maggiori di produrre utili, riducendo i rischi imprenditoriali con il supporto di struttura e organizzazione (nonché di professionisti di diversa natura) che giammai una STP potrebbe assicurarsi con l’apporto dei soli soci professionisti.

E’ chiaro, dunque, come le società commerciali, aventi un oggetto sociale più ampio, si avvantaggino dell’opera di professionisti, soci o meno, che consentono loro di fornire attività odontoiatrica a livello imprenditoriale, con tutto quanto da ciò consegue a livello di ricavi e di vantaggi anche fiscali.  Il contributo previdenziale dovuto dalle società commerciali è allora del tutto coerente in ragione della circostanza che tra il paziente ed il libero professionista si frappone la Società e ciò determina una penalizzazione della prestazione odontoiatrica, decurtata, quanto al suo valore, dal profitto che sulla stessa deve trarre la Società e che va necessariamente a diminuire la sua entità in termini economici.  Lo stesso professionista, infatti, non è più il diretto interlocutore del paziente – che si interfaccia direttamente con la società – per cui la sua personale e specifica prestazione, resa tramite la società commerciale, obbliga quest’ultima a partecipare al sistema contributivo dei professionisti di cui si serve e per mezzo dei quali ha la possibilità di rendere quel tipo di prestazione. 

Il Tribunale ha, dunque, escluso che possa esservi qualsiasi disparità di trattamento di situazioni comparabili tra società commerciali e liberi professionisti o STP e che il sistema introdotto con la previsione del contributo previdenziale per le società commerciali è del tutto razionale.

(Tribunale Roma Sez. lavoro, Sent., 07-01-2021)