Rapporti tra struttura, Odontoiatra e paziente in caso di “colpa grave”

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Ultimo articolo dedicato al tema della “colpa grave”, in questo caso, funzionalmente alle relazioni tra paziente, Odontoiatra e struttura nella quale opera il professionisti.

E’ corretto osservare che, nel rapporto professionale tra l’odontoiatra e il paziente all’interno delle “strutture”, il collega risponda solo per “colpa grave” in funzione del fatto che il rapporto contrattuale è della struttura, mentre il rapporto dell’odontoiatra con il paziente è soltanto valutabile sul piano extracontrattuale?

L’esercente la professione sanitaria, dipendente o libero professionista (non in adempimento di un contratto di cure con il paziente), risponde del suo operato ai sensi dell’art. 2043 c.c., a prescindere dal grado di colpa, lieve o grave.

Il concetto di “colpa grave” assume rilevanza solo con riferimento all’azione di responsabilità amministrativa o all’azione di rivalsa prevista dall’art. 9 della legge n. 24/2017.

Al fine di comprendere la criticità della legge Gelli-Bianco sul punto sarà sufficiente formulare due diverse ipotesi, a seconda della diversa iniziativa intrapresa dal paziente danneggiato.

  1. Il paziente agisce nei confronti della sola struttura sanitaria.

In caso di accertamento di responsabilità e condanna al risarcimento del danno, la struttura sanitaria potrà rivalersi nei confronti dell’esercente la professione sanitaria solo in caso di (dolo e) colpa grave ai sensi dell’art. 9 della legge n. 24/2017 (azione di responsabilità amministrativa o azione di rivalsa civilistica), entro i limiti economici previsti dall’art. 9, commi 5 e 6.

  • Il paziente agisce nei confronti dell’esercente la professione sanitaria (oppure nei confronti di costui e della struttura sanitaria, in solido).

In caso di accertamento di responsabilità e condanna al risarcimento del danno, il professionista potrà essere chiamato a rispondere integralmente (o in via solidale con la struttura, se chiamata in solido) a prescindere dal grado di colpa e senza i limiti previsti nei commi 5 e 6 dell’art. 9.

In tali caso, l’esercente la professione sanitaria dovrebbe promuovere (nel medesimo giudizio ove sia convenuta anche la struttura ovvero in successivo separato giudizio) domanda di manleva nei confronti della struttura sanitaria, contestando la assenza di colpa grave e/o il superamento dei limiti economici di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 9.

E’ evidente che tale soluzione costituisca un inutile aggravio di attività per l’esercente la professione sanitaria, per di più in contrasto con i criteri ed i principi posti a fondamento della normativa in materia sanitaria dalla legge n. 24/2017.