Definiti i criteri di applicazione della flat tax incrementale

Condividi su:

È stata resa nota dall’Agenzia delle Entrate la bozza di circolare che definisce i criteri di applicazione della flat tax incrementale istituita dalla legge di bilancio dello Stato per il 2023.

Il testo è stato pubblicato in versione “bozza” al fine di permettere ai soggetti interessati di inviare osservazioni e proposte di modifica e integrazione entro il 15 giugno 2023.

Prima di affrontare i temi contenuti in essa, è opportuno ricordare le caratteristiche della flat tax incrementale: in sintesi si tratta di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali (regionale e comunale) con aliquota proporzionale al 15% che può essere applicata, dagli esercenti attività di impresa o arti e professioni, che non utilizzano il regime forfettario, sulla maggiore quota di reddito realizzata nel 2023 rispetto al reddito più elevato dichiarato nei tre anni precedenti (2020, 2021 e 2022).

Nel documento pubblicato, l’Agenzia delle Entrate definisce l’ambito soggettivo e l’ambito oggettivo di applicazione del regime agevolato.

Sul piano soggettivo, con specifico riferimento ai professionisti, appare non consentito l’utilizzo della flat tax incrementale a coloro che svolgono la professione in forma associata: se tale orientamento venisse confermato resterebbero quindi esclusi tutti i professionisti organizzati in associazione professionale. La posizione dell’Agenzia delle Entrate trova le proprie fondamenta in un passaggio della relazione tecnica del provvedimento di legge, specificamente nella parte in cui – con riferimento alla stima degli effetti finanziari della misura– viene fatto riferimento al solo quadro RE della dichiarazione dei redditi delle persone fisiche, che non include i redditi provenienti dallo svolgimento dell’attività in studi associati.

A ben vedere, tuttavia, tale interpretazione appare eccessivamente rigida considerando che non solo le finalità della norma ma anche gli indirizzi contenuti nella delega fiscale, ideata dallo stesso Governo, sembrano convergere nella direzione opposta. Va rimarcato, infatti, che le associazioni professionali non hanno personalità giuridica e vengono costituite al solo fine dell’esercizio della professione.

Peraltro è lo stesso testo unico delle imposte sui redditi a inquadrare i redditi che derivano dall’esercizio di arti e professioni “in forma associata” tra quelli di lavoro autonomo. In sintesi, quindi, l’esclusione dei professionisti organizzati in studi associati risulterebbe iniqua sul piano sostanziale.

Meno controverse risultano le indicazioni relative all’ambito oggettivo di applicazione della norma. L’Agenzia, infatti, in primo luogo si limita a ricordare il meccanismo fissato dalla legge, ovvero:

  • la flat tax incrementale è prevista per il solo 2023;
  • essa spetterà soltanto nel caso in cui il reddito di lavoro autonomo del 2023 sarà più alto di quelli della stessa natura registrati nel 2020, nel 2021 e nel 2022;
  • la base imponibile incrementale verrà determinata come differenza tra il reddito del 2023 e quello più alto del triennio precedente aumentato del 5%;
  • l’aliquota agevolata del 15% sarà applicata sulla suddetta base imponibile nel limite massimo di 40mila euro;
  • la restante quota di reddito rimarrà soggetta all’IRPEF e alle relative addizionali.


In secondo luogo, vengono precisati alcuni criteri di natura temporale utili per procedere alla verifica della spettanza della flat tax incrementale e del computo della base imponibile. Ovviamente la misura è preclusa a coloro che hanno iniziato e inizieranno l’attività nel corso del 2023, vista l’assenza di dati relativi al triennio precedente. Invece, per accedere alla flat tax incrementale basterà avere svolto la propria attività per almeno un’intera annualità tra quelle del triennio di riferimento (2020-2022); mentre coloro che hanno iniziato l’attività successivamente al primo gennaio 2020, ai fini del calcolo del reddito utile al confronto con il 2023, dovranno ragguagliarne il valore (ad esempio chi nel 2021 ha svolto attività per 100 giorni conseguendo un reddito di 50.000 euro, dovrà considerare per quell’anno un valore di 182.500 euro, ovvero 50.000/100 x 365).

Infine, è rilevante il passaggio in cui l’Agenzia specifica che la misura non è preclusa a coloro che in uno o più degli anni dal 2020 al 2022 hanno beneficiato del regime forfettario, a condizione, ovviamente, che nel 2023 si trovino nel regime ordinario IRPEF.

Andrea Dili
Dottore commercialista