Esteri – La gestione dei rapporti internazionali

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In via di soluzione ma ancora presente, incalzante in diverse aree del globo, la pandemia di SARS-CoV-2 ha causato una riduzione notevolissima nei contatti internazionali, con un ripiegamento all’interno dei confini nazionali. Quali gli effetti sull’odontoiatria? Ne parliamo con Ferruccio
Berto, Vicepresidente Nazionale e Vicepresidente Nazionale e Responsabile Esteri ANDI.

Dottor Berto, qual’è stata la situazione in ANDI negli ultimi mesi?
Direi frenetica, e temo di aver utilizzato un eufemismo. L’associazione è costantemente impegnata in una attività insieme scientifica, culturale e sindacale di peso, volta a rispondere ad una emergenza sistemica, costituita dalla rapida diffusione del COVID nel nostro paese. La necessità è stata quella di trovare i modi e i mezzi per modulare il servizio odontoiatrico limitandolo alle sole emergenze, di modo da non favorire il diffondersi della pandemia tramite una elevata circolazione di pazienti ma, allo stesso tempo, di non soverchiare gli ospedali, già oberati di lavoro, affidando loro anche le problematiche odontoiatriche. Fin da subito abbiamo riscontrato una grande responsività e un senso di responsabilità esemplare da parte dei nostri associati, senza il quale difficilmente saremmo riusciti a gestire questa crisi. Se, ad oggi, la situazione sembra avviarsi verso una progressiva normalizzazione – nonostante le molte incognite legate alla riapertura estiva – è soprattutto grazie alla loro azione e collaborazione.

Come è iniziata, per lei, l’emergenza?
In maniera molto incisiva, difficile da dimenticare. A metà febbraio ero a Roma, ad un meeting con gli amici della Associazione Israeliana Odontoiatri (IDA). In quei giorni, la diffusione del virus sembrava già una possibilità concreta, da non prendere sottogamba, ma in ogni caso piuttosto improbabile nel breve periodo. Durante la tavola rotonda, la presidenza ANDI ha cominciato a ricevere un numero sempre crescente di telefonate da parte di associati che ci chiedevano aiuto e consiglio, soprattutto da quelle che poi sarebbero diventate le zone rosse della pianura padana. I telegiornali avevano cominciato a diffondere la notizia che i casi confermati cominciavano ad esserci anche da noi, si parlava di focolai e possibili zone rosse. Meno di tre settimane dopo, eravamo in lockdown nazionale.

Qual’è stato l’effetto della pandemia sulla attività Esteri di ANDI?
Direi che c’è una risposta evidente, e semplice, e una meno evidente, ma forse più pregnante, a questa domanda.

Cosa intende dire?
Partiamo dalla prima. A causa della pandemia globale, l’attività Esteri si è trovata di necessità fortemente ridotta. Da un lato, l’impossibilità del movimento tra nazioni – e, a seguire, all’interno della stessa nazione – ha portato alla sospensione o alla cancellazione di un grande numero di importanti incontri, internazionali e non. Inoltre, bisogna ammettere
che, per forza di cose, l’emergenza ha spinto tutti i professionisti del settore a rivolgersi in prima battuta alla situazione domestica, rimboccandosi le maniche per stabilizzare il panorama odontoiatrico a livello nazionale. Le nostre forze sono limitate: appare evidente come, per impegnarsi maggiormente su un fronte, si debbano distogliere energie da altri poli.
Eppure, questa è solo una faccia della medaglia. L’altra, che vorrei qui ricordare, si è esplicata in un numero di forme molto diverse tra loro, ma direi unite da un denominatore comune: la coscienza di essere tutti parte di questa tragedia.
Il COVID si è configurato, si sta ancora configurando, come una delle grandi problematiche globali del nostro tempo; la definizione di pandemia mossa dall’OMS l’11 Marzo scorso indica anche questa dimensione, non muove da un valore puramente denotativo basato su basi unicamente epidemiologiche. La coscienza di essere all’interno di un problema comune ha spinto molti a interrogarsi su come le limitazioni vissute nel quotidiano fossero affrontate anche in altri contesti. Ecco allora la necessità di aprirsi
all’estero, di confrontarsi e dialogare con i professionisti di tutto il mondo.

Come ha risposto ANDI a queste esigenze?
Ci sono state numerose iniziative in questo ambito e per ragioni di spazio posso solo riassumerne alcune. A livello internazionale c’è stato un grande scambio di informazioni. Da un lato, abbiamo avviato fin dai primi giorni di
marzo un’intensa attività epistolare con le associazioni estere, nella convinzione che solo confrontando le nostre risposte con quelle dei nostri vicini avremmo potuto capire come meglio affrontare la crisi. Sotto questo punto di vista, siamo rimasti sorpresi dalla positività con cui questa iniziativa sia stata raccolta e corrisposta: come ho già detto, centinaia di migliaia di dentisti in tutto il mondo si sono trovati, negli ultimi mesi, ad affrontare le stesse dinamiche e le stesse limitazioni. Al di là dei dati tecnici, normativi e procedurali, anche il solo contatto con altri professionisti ci ha aiutato a mettere la crisi in una prospettiva adeguata, riflettendo sulle soluzioni da affrontare in maniera più bilanciata.
In secondo luogo, a livello scientifico e non, questi mesi hanno visto una vera e propria esplosione nel mondo dell’informazione: articoli scientifici e divulgativi, riviste, giornali online, blog, qualsiasi mezzo è stato usato in maniera massiccia per diffondere informazioni sulla pandemia in atto.
Si capisce come, in mezzo a questa produzione, accanto al materiale di vitale importanza per gestire gli aspetti più tecnici e delicati della pandemia, ci sia stata anche una proliferazione di notizie non confermate, smentite, o falsate in partenza: distinguere il grano dal loglio è diventato quindi più importante che mai. In questo siamo stati aiutati da una rete mai vista prima di collaborazione internazionale: banche dati, seminari, aggiornamenti e webinar sono stati costruiti e messi in condivisione da numerose associazioni, diventando una presenza costante delle nostre giornate.
Una apertura di questo genere, così articolata e complessa, sarebbe stata impensabile senza una collaborazione internazionale, senza quei contatti che ormai da anni legano ANDI alle maggiori associazioni di categoria estere, e senza i canali di comunicazione aperti dagli organi internazionali.


Quale è stato il contributo degli enti internazionali?
La mobilitazione degli istituti internazionali, dentro e fuori il mondo della medicina, è stata fondamentale per coordinare gli sforzi che stanno portando, almeno in Europa, a un progressivo ritorno alla normalità. Per ragioni di spazio, mi devo limitare al solo mondo dell’odontoiatria.
Il CED (Consiglio Europeo Dentisti) si è mosso con decisione e sicurezza fin dai primi momenti per contrastare l’emergenza. La sua azione è stata quella di articolare e mettere in contatto i professionisti del settore, raccogliendo e distribuendo i dati sulla progressione del virus e le misure prese da ordini e associazioni di categoria tramite una attività continuativa di inchieste e questionari. Inoltre, il CED ha svolto il compito di portare le istanze evidenziate all’attenzione degli istituti europei; una azione, quindi, di natura politica nel senso più pieno del termine, e in linea con la natura costitutiva del Consiglio. Da parte nostra c’è stato un contatto e uno scambio
continuativo con la dirigenza CED, alla cui presidenza si trova, siamo orgogliosi di ricordarlo, un attivo membro ANDI, Marco Landi, che ringraziamo ancora per il lavoro svolto. L’interazione con l’Europa ci ha permesso di essere informati direttamente sulla situazione internazionale e misurare le nostre preoccupazioni con quelle di altri paesi.
Dal canto suo FDI (Federazione Internazionale Odontoiatri), data la sua conformazione e la sua natura precipuamente scientifica, ha risposto all’emergenza con tempi diversi, ma con lo stesso entusiasmo. I diversi corpi di cui si compone FDI hanno attivato una attività di scanning dei diversi settori dell’odontoiatria, raccogliendo dati preziosi sulla risposta odontoiatrica al COVID. Inoltre, grazie ad una intensa attività di webinar aperti a tutti, ha contribuito ad allargare la diffusione delle informazioni raccolte e l’aggiornamento dei suoi membri. In questo senso, FDI è riuscita a seguire lo sviluppo della risposta al COVID da una angolazione complementare.

Quali i progetti per il futuro?
Ci aspetta un anno intenso sotto tutti i fronti. Le attività, i gruppi di lavoro, i meeting devono riprendere, per assicurare una gestione della pratica odontoiatrica quanto più aggiornata, interconnessa e dinamica possibile. Le
prime date fissate sono 18-21 Novembre 2020, per il doppio incontro ERO e CED a Bruxelles; date, è evidente, ancora solo probabili, vincolate ai tempi e gli sviluppi di una pandemia che, è bene ricordarlo, in Europa è ancora presente e in altre aree del mondo sta avanzando a pieno regime. Da parte nostra, possiamo dire come questa pandemia ci abbia costretti ad accelerare sulla strada dell’informatizzazione e della digitalizzazione, le
grandi sfide del futuro. Anche per questo, se le limitazioni ai movimenti dovessero protrarsi, saremo pronti a riprendere le attività da remoto. In questa forma, proprio in questi giorni, stanno ripartendo le attività dei vari gruppi di lavoro internazionali, che vedono la partecipazione di numerosi membri ANDI. Va da sé che come avremo nuovamente la possibilità di viaggiare, la saluteremo con gioia e sollievo, a significare che un momento così difficile si sia, finalmente, concluso.